La cosa peggiore è il non poter fare a meno di pensare che in fin dei conti sia stata tutta colpa mia.
Ma oramai qualsiasi retropensiero è assolutamente inutile: adesso devo solo stare qui, seduto in macchina sulla collina di fronte al paese, ad aspettare. Aspettare di vedere la mia casa bruciare.
Le poche cose che voglio salvare dall’incendio sono già in salvo: qualcosa in macchina qui con me, il grosso invece già a casa di Emma. Emma, che da quando le ho comunicato la mia intenzione, non mi parla praticamente più, almeno da quando ha capito che non stavo scherzando ma ero fermamente deciso nel proposito di dare fuoco alla mia casa. So che con il tempo tornerà ad amarmi di quell’amore senza il quale, dice lei, non potrebbe più vivere (fosse anche solo per il fatto che, una volta incendiata la mia casa, non mi sarà più possibile avere scuse per non andare a vivere da lei), ma per adesso è così: ostruzionismo puro alla mia ultima decisione. E poi, che diavolo!, se ci fosse stata una soluzione migliore di certo eviterei di fare ciò che sto facendo. Come se prima non le avessi pensate tutte! No, una soluzione migliore non c’è, lo so io e lo sa anche Emma, perciò… e poi oh, decidere di dare fuoco alla casa non è certo una cosa che si fa alla leggera.
Emma non ha pensato a quanto ci abbia prima riflettuto; al fatto che, una volta presa la decisione, sono parecchi i fattori da prendere in considerazione, i dettagli da analizzare, i possibili e fatali errori da evitare.
A meno che si voglia farsi scoprire, o, anche senza essere scoperti, si vogliano perdere i soldi dell’assicurazione. Preso dalla disperazione, in un primissimo momento, al primo balenarmi dell’idea in testa, ero sul punto di uscire di casa e andare a riempire due taniche di benzina per versarne un po’ ovunque nella casa, che di legno per la maggior parte com’è, non avrebbe tardato a diventare un falò gigante. Ma questo sarebbe stato il modo più semplice per far catalogare in natura dolosa l’incendio, e in me un pericoloso e pazzo – stupido oltretutto, perché proprietario della casa bruciata – piromane; con tutte le possibili conseguenze del caso.
Stando agli studi di settore, le principali cause d’incendi domestici sono:
– presenza di oggetti infiammabili (anche i libri lo sono!) troppo vicino a fonti di calore o fiamme libere.
– corto circuito di elettrodomestici, hi-fi, o altri impianti alimentati ad elettricità;
– corto circuito di alcuni elementi dell’impianto elettrico dell’appartamento;
– malfunzionamento di stufe, caldaie, caminetti, o altri impianti generatori di calore;
– getto avventato di mozziconi di sigaretta, propagazione di fiamme dai fornelli della cucina, diffusione di faville dal caminetto e dal barbecue e altri comportamenti poco attenti in presenza di fuochi accesi.
Tenendo come punto principale dell’intera faccenda il non volere morire nell’incendio, ho perciò escluso da subito di essere presente al momento della propagazione delle fiamme: presenza che altrimenti avrebbe dovuto supporre, nella pur normale volontà di mettersi in salvo, quantomeno un mio tentativo per salvare la casa, per non parlare della performance teatrale che avrei poi dovuto mettere in atto nel mostrare lo shock tipico di una persona scampata a un incendio improvviso e imprevisto.
Ho dovuto quindi escludere subito l’ultimo dei punti tra le cause d’incendio – considerato poi che non fumo, che in cucina ho le placche elettriche e non il gas, che il camino è a pellet ed è quindi impossibile che ne partano scintille o faville: questo punto non era proprio da prendere in considerazione. E di conseguenza anche il primo, che parla di fiamme libere, sopratutto dopo aver letto la parola libri, tra gli oggetti elencati più infiammabili: libri di cui effettivamente la mia casa è piena. Ma piuttosto che sacrificare i miei libri sarei pronto a sacrificare Emma.
Leggendo questo punto, c’è da dire che ho riflettuto sul ‘fattore libri’, cosa che prima non avevo considerato quando inizialmente avevo deciso di metterli tutti in salvo, ma ciò sarebbe stato poi elemento di sospetto per il perito che nel venire a constatare i danni dell’incendio avesse trovato bruciate diverse librerie, ma tutte vuote di libri. Onde evitare questa possibilità ho dovuto recuperare tutta una serie di libri da lasciare in casa per essere ritrovati poi carbonizzati al posto dei miei. Fortunatamente in internet ho potuto trovare una grande quantità di libri di politici e personaggi insulsi vari, vip di massa e calciatori, in super offerta, che andavano benissimo allo scopo – libri che oltretutto a ben pensarci avevano finalmente così il loro ‘giusto’ target di compratori, visto che da sempre mi chiedo chi possa mai comprarli (spero solo che prendano fuoco così da renderne evidente la presenza tra i resti della casa, senza però che si capisca di che libri si tratta: non so se sopporterei la vergogna di passare, fosse anche solo per il perito dell’assicurazione, come qualcuno che ha comprato il libro di Giggino di Maio).
Eliminati questi punti, rimanevano poi quelli relativi a cortocircuiti dell’impianto elettrico dell’appartamento, o di elettrodomestici: ma pur avendo da bambino guardato tutti gli episodi di Mac Giver, difficilmente sarei riuscito io a causarne uno, sopratutto non rendendo il dolo evidente al perito.
Rimaneva dunque solo: malfunzionamento di stufe, caldaie, caminetti, o altri impianti generatori di calore. L’unica possibilità che mi restava e che perfettamente si addice al mio caso. Vivo in un paese di quattrocento abitanti, in un vecchio cascinale che, seppure restaurato in maniera moderna, utilizza ancora i classici elementi di riscaldamento dei paesi di campagna. Non ho un camino classico per legna, che oltretutto per legge, non sarebbe comunque un camino ‘aperto’, ma protetto da un vetro, che difficilmente potrebbe permette la fuga di uno zampillo. Ma un camino a pellet (cosa che sconsiglio a tutti: innanzitutto perché pur dovendo comprare i sacchi di pellet, bisogna comunque usare l’elettricità per farlo funzionare, e poi perché quest’anno, con la scusa della crisi, e dubito torneranno mai ai prezzi di prima, sono aumentati del 150%). Il camino a pellet, in quanto tale ha una canna fumaria, ed è qui, mi sono detto arrivando a decidere il modo, che si scatenerà il mio incendio: dalla canna fumaria, con un’esplosione. Ho quindi ostruito la canna fumaria, in maniera tale che nel tempo – tempo che ho calcolato di un ora, massimo due – si dovrebbe surriscaldare al punto tale di esplodere. Nessuno troverebbe strano il fatto che io non sia presente mentre il pellet brucia, in quanto da queste parti, ma credo chiunque abbia un mezzo di riscaldamento come il mio, tutti lo programmano in anticipo rispetto al rientro a casa, così da trovarla calda all’arrivo; altrimenti ci vorrebbe almeno un’ora prima di avere una temperatura decente, specie in un paese come il mio dove già a dicembre le temperature arrivano tranquillamente sotto i dieci gradi. Il fatto poi che io non tornerò a casa, se non solo dopo essere stato avvisato dell’incendio, lasciando così alle fiamme il tempo di agire, anche per non dover inscenare lo stupore di trovare la mia casa ridotta in cenere – non sono stato mai un bravo attore -, non sorprenderà nessuno perché se si ha l’abitudine di programmare per tutta la settimana il riscaldamento a certi orari, ciò non toglie che una sera si decida per N ragioni di non tornare a casa.
Deciso come fare, c’era un particolare da non tralasciare, di fondamentale importanza. Perché il mio scopo consiste sopratutto nel non perdere i soldi dell’assicurazione: soldi che seppure non potranno restituirmi la mia casa intatta, quantomeno me ne daranno il valore economico. L’assicurazione, la prima cosa che farà, sarà di verificare se ho fatto venire a tempo debito lo spazzacamini in autunno per la manutenzione della canna fumaria, come ogni anno per legge si deve fare. Qualora non avessi questa certificazione di conformità, l’assicurazione avrebbe il coltello dalla parte del manico, e potrebbe così non pagare quanto dovuto; anzi, oramai è tutto talmente automatizzato che l’assicurazione, al momento della stipula o del rinnovo del contratto, con un ritardo massimo di un paio di mesi, richiede direttamente alla società incaricata per la manutenzione la conferma della certificazione, senza la quale non garantirebbe la copertura assicurativa.
(Varie le riflessioni che si possono fare al riguardo: di come si sia obbligati a spendere sempre più per avere qualcosa d’obbligo per legge: l’assicurazione sulla casa, obbligatoria in Francia ad esempio, e quindi anche la manutenzione dei camini, spesso tramite società dalle stesse assicurazioni create a tale scopo, impedendo così a chi la volesse fare da solo, a proprio rischio e pericolo, di poterlo fare e risparmiare. Una delle tante ragioni per cui è giusto che ci sia gente come me, ogni tanto, che si riprende quanto queste associazioni a delinquere legalizzate rubano alla gente normale! – e poi Emma dice che sono pazzo!)
Con la certificazione che la ditta ha già puntualmente mandato alla mia assicurazione, contro di me non potranno fare nulla e saranno obbligati a pagare quanto dovuto. Certo, potrebbe eventualmente l’assicurazione rivolgersi in causa contro la ditta che produce il camino, ma intanto a me dovrebbero comunque pagare; e, detto appunto che tali ditte spesso sono sottoditte delle assicurazioni stesse, qualora anche non lo fosse, non farebbero mai causa a una ditta con la quale collaborano ogni anno, andando a perdere tra una cosa e l’altra sicuramente di più di quanto dovrebbero pagare al cliente iniziale: la causa la farebbero sì, magari, e volentieri, al singolo cittadino, ma non certo a un’altra ditta in qualche modo loro consociata in questo business. E poi, chissenefrega! non è un mio problema, per me possono pure andare tutti al diavolo!
L’altra cosa sulla quale bisogna soffermarsi, prima di dare fuoco alla propria casa, è che non si coinvolgano nell’incendio i propri vicini, altre persone e immobili che non hanno nessuna colpa: che se far pagare l’assicurazione trovo sia cosa, se non buona, giusta, non lo sarebbe certo far pagare degli innocenti. Nel mio caso, l’incendio non ha grandi possibilità di propagarsi, visto che l’intera casa è costituita quasi completamente da pietra, con un’enorme vetrata – che tanto sono curioso di vedere come reagirà alle fiamme -, che ne chiude, per i due piani di altezza della casa, il lato che dà sul patio. Bruceranno perciò, credo, solo le travi a vista in legno massiccio, e penso tutto il contenuto della casa stessa, fino che le fiamme non troveranno un sfogo magari dal tetto.
Ma, anche se così non fosse e le fiamme arrivassero alle mura esterne di altre case, tutte le case presenti nella mia stessa via, sono tutte in linea di massima costituite come la mia, con la pietra che sicuramente ne impedirà poi la propagazione all’interno. Propagazione che ad ogni modo non avrà tempo di svilupparsi oltre dovuto, avendo nel paese vicino -a nemmeno dieci chilometri di distanza-, la postazione dei pompieri, la più grande della regione che durante l’estate si occupa di fermare i ripetuti ed enormi incendi che a causa della siccità e dei piromani, sono oramai una costante della zona; e comunque, qui da dove mi trovo ora, avrò modo di vedere chiaramente lo svilupparsi delle fiamme: ho già il telefono pronto per mandare un messaggio a John che con una chiamata anonima li avvertirà dell’incendio.
Sì, Emma potrà anche dire tutto quello che vuole, e se pure, almeno dal punto di vista morale, può avere ragione a non essere d’accordo con la mia decisione estrema, di certo non mi può dire che sia l’azione di un pazzo: ho pensato a tutto, in ogni minimo dettaglio! Ed è da mesi oramai che lei stessa non riusciva più a metterci piede in casa mia e ogni volta che volevamo passare la notte insieme o anche solo cenare, se non fuori al ristorante, ero costretto ad andare da lei.
Io la mia casa la amo, sì, la amo: è la prima casa delle tante che ho cambiato negli ultimi 30 anni, che ho sentito dal primo momento come mia; dove ho passato dei momenti bellissimi; la prima casa che ho condiviso con un animale domestico – una gatta. In fin dei conti l’unica casa che mi darà veramente dispiacere lasciare, specie in questo modo. Ma molto spesso i grandi amori non possono finire che così, in modo brusco e perfino violento: e così finirà il mio rapporto con lei, la mia bella casa.
Tra l’altro ora che ci penso, è strano che ancora Emma non mi abbia chiamato, avrei scommesso che fino all’ultimo avrebbe provato a distogliermi dalla mia intenzione; ma forse, anzi sicuramente, è la persona che meglio mi conosce al mondo, e sa benissimo che decisa una cosa, difficilmente torno indietro, meno che mai riguardo una decisione come questa.
E avranno pure da mostrarmi, lei e la gatta, finché vorranno, tutto il dispiacere del mondo per questo trasloco infiammato, ma non hanno nemmeno fatto niente per evitarlo. Più di tutti è Baghera – la mia gatta – che avrebbe dovuto salvarmi da questa situazione, per suo proprio istinto naturale, e invece, seppure è vero che all’inizio tanto si è impegnata e ci ha provato, ha lasciato lei per prima, gatta rassegnata, ogni speranza di riuscire nell’impresa di riprendere in mano la casa e non lasciarla in mano ai nostri abusivi inquilini.
E, ancora adesso mi ripeto, forse più per convincere me che altri, le ho provate veramente tutte per risolvere in altro modo la cosa. Tutto contro questi maledetti inquilini abusivi: prima per convincerli ad andarsene con le buone, poi per provare a conviverci civilmente, infine per cacciarli, perfino ucciderli tutti, sterminarli; ma non c’è stato niente da fare, niente!
E posso sì accampare tutte le scuse del mondo, ma so bene che tutto è iniziato per colpa mia, per questo senso della condivisione che ho da sempre, e che spesso, più che mai adesso, è andato a mio discapito, pur aiutare chi potendo non avrebbe mai fatto lo stesso per me. Se solo quel giorno avessi lasciato Baghera seguire il suo istinto e le avessi dato retta, non saremmo mai arrivati a questo punto. Ma quando quel giorno ho visto Baghera comportarsi come mai le avevo visto fare prima, mostrare tutto l’egoismo e la territorialità tipica del felino, del suo istinto più animale e primordiale, non avrei mai potuto pensare che certe volte è meglio lasciare fare alla natura ciò che deve fare, per non ritrovarmi oggi ad essere io la vittima di quella stessa natura che ho voluto modificare quel giorno.
Se solo quel lontano giorno mi fossi occupato dei fatti miei, se solo non avessi voluto salvare qualcuno che non era da salvare, se solo… ma sono sempre stato così, e non cambierò mai, nemmeno ora che ho questa esperienza alle mie spalle che potrebbe insegnarmi a fare diversamente… tutta colpa mia… Mia, e di quello stramaledetto topolino!
Se solo quel giorno mi fossi fatto i fatti miei, quando Baghera, con tutta quella foga animale, giocava sadicamente con quel piccolo e dolce topolino, ad un gioco di cui forse non era neanche troppo consapevole nemmeno lei, ma che sarebbe potuto finire solo con la morte di quell’innocente compagno di giochi.
Miki lo chiamai, maledetto! Questa la riconoscenza per avergli salvato la vita quel giorno: mettendolo in un vaso, proteggendolo dalla gatta, per poi liberarlo nel patio, fermando la grande porta finestra ad ogni tentativo di Baghera di inseguire la sua vittima. E Miki cosa ha poi fatto? Si sarà detto: In questa casa noi topi siamo difesi, al sicuro… e da quel piccolo e dolce topolino che era, si è oggi creata una colonia immensa, che nel giro di nemmeno due anni ha mangiato ogni cosa fosse possibile mangiare. Si sono creati una loro casa all’interno della mia – all’interno, nel vero senso della parola: trovando e creandosi un varco dal tetto, nel sotto tetto al quale è impossibile accedere se non togliendo il tetto stesso, e vivendo e muovendosi all’interno di tutte le mura che glielo hanno consentito, nascosti e protetti dalle rocce-, mangiando tutto, tutto! Non solo ciò che di cibo lasciavo in giro, mio e di Baghera, ma anche libri oggetti vestiti: tutto! E ancora, tutta la lana che tra il soffitto e il tetto isola la casa, lasciandomi così a vivere in una fornace l’estate, e in una cella frigorifera l’inverno cbe tanto loro si scaldavano tutti intorno alla cappa del camino: maledetti! Ho perfino imparato a seguirne i movimenti, dal suono che fanno, squitti infiniti ad ogni ora del giorno e della notte: non dormono mai! Ogni volta a ritrovarci, io e Baghera, a guardarci impotenti contro questi famelici inquilini che vivevano con noi, su di noi!, come in un’altra dimensione, nei vuoti della casa dove noi mai avremmo potuto avere accesso. E come se ci ho provato, eccome, ad arrivare dove erano, ho bucato il soffitto in più parti, tra il primo e il secondo piano, il soffitto sotto il tetto, riempito di fumo ogni interstizio, con l’unico risultato che per due giorni siamo stati io e la gatta a dover dormire fuori; e trappole, a molla e di colla, e pastiglie avvelenate… e se anche qualcuno moriva, ogni volta per un topo morto ce n’erano almeno altri dieci che continuavano a vivere, più famelici di prima e con l’esperienza di che comportamenti evitare al fine di non fare anche loro quella stessa fine: maledetti!
Solo a pensarci ancora adesso impazzisco; anzi, sono già impazzito, impazzito a causa di questi maledetti: Ma vuoi dare fuoco alla tua casa, sei pazzo? Sì, sono pazzo! Perché? PER COLPA DI QUEI MALEDETTI RATTI!
Quei maledetti: come per sfidarmi non hanno fatto altro che riempire di piccole unghie nere di cacca ogni punto che avevo preso in considerazione con le mie rappresaglie anti-topo. La quantità di merda che può fare un topo è un cosa impressionante, immaginarsi una colonia intera! anche solo da quella che ho trovato fuori dai loro luoghi di ritrovo abituali, sono arrivato alla conclusione che oramai siano veramente ma veramente tanti, un esercito, un popolo intero – cosa che, se non dal numero degli escrementi ritrovati, si può intuire facilmente dal ticchettio incessante dei passi, oltre agli infiniti squitti, che fanno, sicuramente per prendermi in giro questi maledetti: sembra di vivere nel sottopasso della metropolitana di New York! Impossibile leggere, scrivere, guardare un film, dormire!, senza sentirli, e farsi venire il nervoso per essere cosi completamente impotente!
E quanto ho studiato per capire questi maledetti topi!, avrei potuto prendere un diploma al riguardo! Topi, che nel mio caso a giudicare dalle dimensioni che si intuivano man mano che il tempo passava, erano molto più probabilmente enormi ratti che nemmeno a New York… Ratti, che sono, ho capito sulla mia propria pelle, una delle razze di roditori tra le più intelligenti; sicuramente più della mia gatta, e di me.
“Ratti e topi sono attivi durante l’intero arco della giornata, ma preferiscono muoversi in particolare al calar del sole. Si muovono con particolare vivacità durante il giorno se disturbati nel loro ambiente o in assenza di cibo. Sono animali molto astuti, con particolare capacità di adattamento. Vivono in gruppi gerarchici, composti da maschi e femmine. A dominare sono quelli più aggressivi, i più deboli vengono eliminati o costretti ad allontanarsi dal gruppo”: io mi sono perfino detto che quei pochi che sono riuscito a fregare, non fossero stati fregati da me ma sacrificati dalla banda per capire come comportarsi in certe situazioni! Ratti Nazisti!
“Le colonie in genere sono abbastanza numerose grazie alla forte capacità riproduttiva di questi roditori: si riproducono tutto l’anno, e ciascuna femmina può dare alla luce da quattro a dodici piccoli e può partorire fino a trentacinque volte durante la sua vita -da quattro a dodici piccoli per trentacinque volte, ognuno!-, inoltre i cuccioli maturano sessualmente dopo soli due o tre mesi di vita. Ratti e topi sono portatori di microrganismi pericolosi per l’uomo e per gli animali domestici”: lo schifo di vederne gli escrementi ovunque, immaginare che passino su tutto ciò che tocchiamo, piatti bicchieri posate; che ci camminino sulla bocca e addosso, mentre dormiamo ignari, durante la notte!
“Rappresentano, inoltre, un enorme pericolo per oggetti, materie prime e infrastrutture. La derattizzazione, dunque, costituisce anche un intervento a tutela del proprio patrimonio.”
E tra buchi fatti da me, fetore e merda in ogni dove, danni fatti dai loro denti, travi rosicchiate fino a farne stuzzicadenti, che non per molto ancora sarebbero in grado di reggere l’intera struttura della casa e la grande e pesante, enorme vetrata di due piani: l’intera casa nel giro di poco tempo non potrebbe far altro che affondare su se stessa. No! Non sono impazzito, non sono diventato pazzo; anzi: solo una cosa è rimasta da fare, una sola la possibile decisione da prendere: è decisamente arrivato il momento adesso, per me, di abbandonare la nave.
E se questa casa non potrà più essere mia, non sarà certo nemmeno più loro: A FUOCO LA CASA!