Mi trovo di fronte una porta sconosciuta.
Entro, e non posso fare a meno di notare
volare d’un volo sconvolto, un colibrì.
Ne ho avvertito il battere delle ali,
a dire il vero, prima di vederlo.
La causa di tutto quell’affanno tra le mura intorno
è un gatto sornione che lo guarda, dissimulando
ma miagolando, da sotto verso sopra.
Il soffitto che chiude il cielo,
quanto mai riuscirà a ondivagare
il pennuto, prima di doversi posare?
Il felino lo sa, d’intesa
tra i lunghi baffi nasconde, leccandoseli,
ai miei occhi un sorriso goloso.
In quella casetta come un trullo d’Alberobello
sono arrivato con qualcosa in mano, una bambola?
No, tra le mani che scopro di bambino
un orsacchiotto di peluche, che conosco:
il mio da piccolo, prima di mio padre.
I miei occhi, quelli di uomo, attirati
qualche lungo secondo; e la mia bocca
chissà perché, si apre; mi sento
parlare, dire cose che ancora non posso
sapere: ma intuisco l’affetto provato,
per quel mio giocattolo così datato:
«Respiri polvere che è tempo
piccolo orsetto di peluche»
Così piccolo, e così pesante!
Improvvisamente un desiderio, di posare
per terra da qualche parte quel mio ricordo,
per liberarmi di un peso. Torno agli animali:
l’uccello, da sempre simbolo di libertà
e il gatto, il mistero e la femminilità;
ma è noto come solo per sfizio il felino
uccida volentieri l’uccello; un’istante,
un balzo improvviso, e succede l’inevitabile;
Nell’afferrarlo in bocca, una scintilla esplode
nella stanza, che m’acceca; abbasso la testa
per la forte luce della saetta; quando mi riprendo
aperti gli occhi, stupenda mi guarda una donna
e si avvicina con una mano tesa, vestita
di una leggera ed elegante camicia di seta,
i capelli lungo il seno, fino la vita; tende le dita
verso di me, la bocca semi aperta che può
solo suggerire una parola: Amore.
Ma una reazione solamente
sento di avere, e non è amore,
ma paura, come se presagissi
una fregatura, una trappola:
voglio solo scappare.
Girato di scatto, me la batto;
ho il tempo solo per voltarmi
nel tirarmi dietro la porta
e la donna, trasformata in un mostro
i suoi capelli adesso serpenti,
che mi grida contro, indemoniata
la sua bocca squarciata dai denti,
unghie lunghe come infinite dita…
Chiudo la porta. Mi accascio sfinito
e respiro: È solo un sogno, e
per fortuna è finito.
*Mailhac 05 2020