Ho deciso che non voglio più

 

Ho deciso che non voglio più
avere sempre con me il telefono
cellulare: come la macchina che
porta l’uomo nella prigione;
portatile: come qualcosa di
essenziale; smartphone come se
le cose potessero avere un’intelligenza.

Non voglio più essere sempre
reperibile, voglio poter stare
quando e quanto più mi pare
da solo, in silenzio, a fare ciò
che più mi piace. Non lavoro
a chiamata: non sono poliziotto
dottore o spacciatore. Nemmeno
l’innamorato in attesa di un segnale
quando oramai sulla Terra non c’è
più campo per l’amore. Un genitore
in ansia per un figlio perché vivo,
lui, il figlio, che occupato a vivere non
scrive un messaggio rassicurante.

Non voglio più essere distratto
da qualsivoglia inutile suoneria
notifica di tempo perso, jingle
della mediocrità fatta costante.
Voglio poter essere distante
dalle vane cose del quotidiano
vicino solo al necessario o
al superfluo, ma leggerezza
e non superficialità, dell’arte.
Anche l’arte del non far niente.

Non voglio più avere il bisogno
di sapere sempre il niente.
Assumerò ritardi e imprevisti
sbaglierò indirizzi e locali
scoprirò cose inattese, nuove;
chiederò a sconosciuti delle
indicazioni, così che magari
sconosciuti non lo saranno più.
Userò solo la mia di memoria interna,
l’orientamento e la percezione;
lascerò chi mi vorrà incontrare
nell’incertezza che io non ci sia
a quell’appuntamento dato
ieri, o tempo addietro; e se
tarderà l’altro, allora leggerò
scriverò o più semplicemente
mi guarderò attorno, senza
dover sapere di tutto il nome
l’origine o la motivazione: io
mi creerò una mia spiegazione
che seppur non veritierà sarà
perfino più bella del vero.

Penserò forte a una persona lontana
per me cara, senza il bisogno costante
di farglielo sapere, e non
chiederò Cosa stai facendo: se
mai vorrà, me lo racconterà
e se no, non mi riguarda.

Non voglio più chattare
quando mi va di sentire
un amico, lo chiamo io
ci diamo un appuntamento
ci vediamo dal vivo, non live;
E se sarà lui a dovermi trovare,
se amico, saprà come.
Se devo dire qualcosa, io scrivo
un testo, non un texto.

Ho deciso che non voglio più
“unione solitaria senza conforto”.

Non voglio più vivere l’assente
ma solo il presente, non guardare
foto di ieri o di altri; i miei sensi
l’unico vettore del paesaggio che
mi circonda: solo ciò che vivo
sarà ciò che esiste.

*Roma, Aprile 2021