Il bambino che cercava il mare

Andava in giro per il mondo a piedi nudi, portando con sé la sua malinconia.
Qualcuno, vedendolo passare, avrebbe detto ch’era solo un altro bambino triste; non pochi, anche solo scorgendolo, ne erano attratti, come sentissero uno strano bisogno di seguirne i movimenti, se possibile, cercando di non farsi vedere. Ma pochi erano quelli che davano l’impressione di vedere realmente chi egli fosse, cosa quel bambino rappresentasse.
Non so perché, ma non mi stupì più di tanto il fatto che un moccioso, sicuramente non di quelle parti andasse in giro da solo e per di più senza scarpe, nonostante la sua giovane età: avrà avuto sui dieci anni al massimo. Vestito solo di una scolorita maglietta e di un paio di calzoni corti: suscitava in chiunque lo incontrasse infinite domande, diverse per ognuno; ma nessuno in fondo
sembrava domandarsi cosa diavolo facesse lì, così, quell’ometto.
Sarà che sembrava in salute e, seppur se non con il sorriso sulle labbra, aveva l’aria di sapere perché fosse lì. dove andasse. Sarà che ad oggi, a ben pensarci, non saprei dire con certezza di averlo veramente incontrato, quel bambino; o che il nostro incontro sia stato solo frutto di una mia fantasia. Sarà quel che sarà: non posso dire con certezza che si sia trattato solo di un sogno…

Sono certo di ricordare la sua voce, ad esempio, che appena sentita, non saprei dire a chi mi fece pensare, ma che di certo non era quella di un bambino; o la sua malinconia, neanche troppo celata, che si poteva facilmente scorgere sul fondo dei suoi occhi.
Non appena lo vidi passare di fronte a me -quando, come spesso mi capita la mattina, ero seduto sulla panchin a di fianco all’edicola, a sfogliare il giornale appena preso-, sembrò sentire su di sé la mia attenzione e, voltandosi come di scatto: venne diretto verso di me.
Buongiorno signore, scusi se la disturbo, mi saprebbe dire da che parte si trova il mare, per favore? Me lo disse sicuro nelle parole, ma timido nei modi.
E, mentre in testa già diversi pensieri presero a girare liberi, mio malgrado, mi ritrovai come rispondendo automatico ad un comando, e alzare il braccio per indicargli la direzione richiesta.
Grazie mille. 
E, già di spalle fece per andare dove gli avevo suggerito.
Aspetta, mi uscì istantaneo come un conato di vomito: Come ti chiami?
Mi rispose con un suono più che una parola, non riuscii a capire; nemmeno quando, come percepita la mia difficoltà, una seconda volta:
Salvatore, mi disse poi, Nella sua lingua, il mio nome, che come me viene da un lontano villaggio di pescatori: vuol dire Salvatore.
Forse solo per quel nome mai sentito prima, o solo per curiosità nei suoi confronti, non potei fare a meno di chiedergli anche da dove venisse. E lui, come rispondesse alla stessa domanda per la milionesima volta, alzando il braccio mi indicò con il dito la direzione opposta a quella del mare: Vengo da là. Ma ora scusi: devo proprio andare.
E, con un sorriso che sembrava più che quello di un ragazzino quello di circostanza che a un funerale si usa per ringraziare chi ci fa le condoglianze: com’era arrivato, se ne andò.
Non so per quanto tempo, dopo averlo guardato andare verso dove era diretto e ancora dopo che era scomparso dalla mia vista, rimasi lì così; senza esser riuscito a fargli altre domande, mi ritrovai con la bocca aperta, muta, come di fronte al miracolo.
Di quello strano incontro dell’altra mattina di più non ricordo, se non queste cose che vi ho appena raccontato, che anche se poche mi sono ancora chiare in mente come scene di un film. Come forte sento ancora la sensazione che non fossi stato il solo a notare qualcosa di strano in quel giovanissimo viandante, e non tanto per il suo essere lì, andare in giro da solo e senza niente ai piedi; piuttosto, per qualcosa nella sua persona: tutte le persone intorno a me, infatti, come già detto, in un modo o nell’altro, ne sembrarono attratte.

Poi però, nei giorni seguenti, non ho più pensato a quello strano incontro.
Almeno, non fino a questa mattina. Perché, proprio oggi, poco prima di colazione, il suo viso mi è tornato di colpo vivo di fronte agli occhi; ma più come bagliore improvviso che chiaro ricordo.
Sì, non saprei dirlo fino in fondo, ma quando ho aperto il giornale per dare un occhio alle notizie principali, mi è stato impossibile non notare il grande titolo in prima pagina. Di per sé, non aveva niente di speciale: era una di quelle notizie atroci che sono diventate il Quotidiano. Si parlava del ritrovamento sul bagnasciuga, della libera spiaggia della vicina cittadina, del corpicino senza vita di un bambino.
Subito attratto dai dettagli, andai a leggere: si parlava del rinvenimento del cadavere, ma poco altro si diceva, di un fanciullo di cui s’ignorava tutto, se non che fosse vestito d’una semplice maglietta e d’un paio di calzoncini; s’immaginava l’età, si supponeva avesse tra gli otto e i dieci anni: non ci si spiegava come mai gli inquirenti non fossero ancora riusciti a ritrovarne le scarpe.
Basta, nessuno sapeva altro, nessuno sembrava conoscerlo.
Eppure io, senza capirne la ragione, di colpo mi sentì pesante, come abbattuto dalla notizia della perdita improvvisa di un figlio o di fratello, ma minore.
All’improvviso sommerso di una malinconia infinita. Come fossi certo, dentro al più profondo di me, che quel bambino quello ritrovato morto a bordo mare fosse proprio quello stesso bambino che avevo incontrato io, l’altro giorno. Quel bambino a cui immediatamente sentii di volere bene, in maniera istintiva, naturale: poco importa che si sia trattato di sogno o realtà.
Quel bambino che cercava il mare…

C’est que maintenant il me manque à mourir.

*Mailhac 03 2020
*IMAGE: Internet