Da più di una settimana continua lo sciopero nelle prigioni francesi : l’operazione chiamata ‘prison morte’ (prigione morte), lanciata dai 3 sindacati di settore l’Ufap-Unsa Justice (il più grande), la CGT Pénitentiaire et FO Pénitentiaire è stata lanciata in seguito all’aggressione nei confronti di 3 guardie da parte di un detenuto radicalizzato.
Il prigioniero islamista tedesco Christian Ganczarski, cervello degli attentati di Djerba del 2002, avrebbe attaccato e ferito 3 sorveglianti servendosi di una forbice a punta rotonda e d’una lametta di rasoio, il tutto gridando «Allah Akbar».
Lo sciopero nasce appunto per denunciare la situazione delle carceri francesi, di cui questo episodio è solo la gocciolina che ha fatto traboccare il vaso, e per richiedere maggiore sicurezza per chi ci lavora e numeri più giusti di detenuti in rapporto ai posti disponibili. Il problema per la Francia non è certo nuovo : il paese ha una delle peggiori situazioni in Europa, e da tempo, sarebbe ultima in coda solo davanti a Belgio e Ungheria, per numero detenuti : le sue carceri ne ospiterebbero più di 113 per 100 posti disponibili.
E senza contare come fenomeni del genere, di attentati a sfondo terroristico, possano nuocere oltre che nella pratica anche in un possibile proselitismo, con una situazione dell’immigrazione che non tende certo al miglioramento nonostante le belle promesse fatte dal presidente in campagna elettorale, la situazione è veramente critica.
Macron, in visita a Pas-de-Calais, si è appunto espresso al riguardo di queste due tematiche per certi versi legate : immigrazione e penitenziari ; si è promesso che lo Stato prenderà in carico i pasti degli immigrati e, per quanto riguarda le prigioni, che si avrà entro febbraio un piano regolatore globale per le carceri francesi. Carceri che, sempre secondo il presidente, non devono essere l’unica e definitiva forma di punizione per chi contravvenga alle leggi, ma che anzi dovrebbero essere meglio implementate, ovviamente a seconda dei reati, con lavori sociali o detenzioni domiciliari già in uso, come il braccialetto elettronico tanto usato nel Paese per reati per lo più legati allo spaccio o a delitti minori.
Per ora l’unica cosa certa ottenuta, sono state le dimissioni del direttore della prigione di Vendin-le-Vieil (Pas-de-Calais), teatro dell’aggressione in questione ; per le promesse del presidente, fatte ora che la campagna elettorale è bell’e finita, staremo a vedere.
Ad oggi, resta certa solo una cosa, che la Francia ha un grosso problema con le sue prigioni.