Lutto nel Cinema: muore a 87 anni il regista visionario Ermanno Olmi.

Ermanno_Olmi_1Uno dei più eclettici ed amati registi italiani è morto: ci lascia così, a 87 anni, Ermanno Olmi. Regista, scrittore e sceneggiatore dall’estro visionario, è stato, e sempre rimarrà, uno dei migliori realizzatori italiani riconosciuti nel mondo intero. Nato nel 1931 a Bergamo, Ermanno Olmi, si è veramente fatto da solo : rimasto orfano di padre da giovanissimo, frequenta prima il liceo scientifico e poi il liceo artistico, ma senza poi portare a termine gli studi. Si trasferisce a Milano per seguire i corsi di recitazione dell’Accademia di Arte Drammatica, mentre per pagarsi gli studi fa piccoli lavoretti presso la Edisonvolta, con il ruolo aggiunto d’organizzatore delle attività ricreative per i dipendenti, in particolare quelle relative al servizio cinematografico: gli verrà chiesto inoltre di documentare il lavoro nell’industria attraverso vari filmati. E così che, senza alcuna previa esperienza, tra il 1953 e il 1961 realizza decine di documentari, tra i quali “La diga sul ghiacciaio”, “Tre fili fino a Milano” (1958) e “Un metro è lungo cinque”. Documentari tutti incentrati verso una particolare attenzione per gli uomini e il lavoro operaio, attenzione che resterà una delle caratteristiche principali del regista per tutta la sua carriera.
Profondamente legato alle proprie origini rurali e modeste, privilegia i sentimenti delle persone semplici, il rapporto con la natura, e spesso offre uno sguardo sulla solitudine e sulle sue conseguenze, da qui la scelta di lavorare con attori non professionisti, anticipando in questa scelta il grande Pasolini.
Nel 1959 debutta sul grande schermo, con il suo primo lungometraggio “Il tempo si è fermato”, delicato racconto del rapporto tra uno studente e il guardiano di una diga. Fonda poi con alcuni amici la società di produzione “22 dicembre”; scrive e dirige “Il posto” nel 1961; due anni dopo dirige “I fidanzati”, mantenendo sempre la sua poetica attenzione sul mondo della quotidianità semplice della gente normale; nel 1965 gira “E venne un uomo” la biografia di Papa Giovanni, forse anche per le comuni radici bergamasche; tra il 1968 e il 1974 realizza opere non particolarmente riuscite (“Un certo giorno”, “I recuperanti”, “Durante l’estate”, “La circostanza”) ma è il 1977 a segnare l’anno della sua consacrazione con “L’albero degli zoccoli”, un film sulla vita dei contadini padani recitato da attori non professionisti e in dialetto bergamasco, che vince la Palma d’Oro al Festival di Cannes.
Nel 1983 torna al documentario con “Milano ’83”; viene però colpito da una grave malattia che lo fa tornare ad Asiago dove si trasferisce con la famiglia per vivere una vita ritirata e curarsi; interrompe quindi la sua produzione artistica e si dedica alla creazione della scuola di cinema “ipotesi cinema”, fondata a Bassano del Grappa e in cui si formeranno giovani autori come Francesca Archibugi, Mario Brenta, Giacomo Campiotti, Piergiorgio Gay, Maurizio Zaccaro.
Finalmente superata la malattia riprende la produzione artistica con “Lunga vita alla signora” che vince nel 1987 il Leone d’Argento alla Mostra del cinema di Venezia e l’anno successivo, con “La leggenda del santo bevitore”, che ottiene il Leone d’Oro.
Dopo aver diretto il poco fortunato “Il segreto del bosco vecchio” (1993) e il film Tv “Genesi – La creazione e il diluvio” (1994) si richiude in un silenzio che durerà cinque anni.
Nel 2001 torna protagonista al Festival di Cannes con il film “Il mestiere delle armi”, Il film vince il Globo d’oro 2001 della stampa estera e 9 David di Donatello 2002 per il miglior film, regia, sceneggiatura, produzione, fotografia, musica, montaggio, scenografia e costumi. Nel 2003 con “Cantando dietro i paraventi” vince vince 3 David di Donatello 2004 (scenografia, costumi ed effetti speciali) e 4 Nastri d’argento (soggetto, fotografia, scenografia e costumi).
Invitato in un coraggioso esperimento da Domenico Procacci, per collaborare con altri due geniali realizzatori come Abbas Kiarostami e Ken Loach alla realizzazione del film “Tickets”, che mostrerà le tre diverse visioni del mondo e tre diversi modi di raccontare un viaggio in treno. Nel 2007 realizza “Centochiodi”, presentato come il suo “ultimo film narrativo di messa in scena”, prima di tornare al suo primo amore: il documentario. Firma infatti, due anni dopo, “Rupi del vino” (evento speciale alla X edizione del Festival di Roma) e “Terra Madre” (presentato al 59mo Festival di Berlino nella sezione Berlinale Special). Nel frattempo, alla 65ma edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia gli viene assegnato il Leone d’oro alla carriera.
Rimangiandosi poi le sue stesse dichiarazioni nel 2011 realizza “Il villaggio di cartone”, dedicato al tema dell’immigrazione con al centro le vicende di un vecchio sacerdote che ritrova una ragione per la sua fede aiutando gli immigrati clandestini, e nel 2014 “Torneranno i prati”, film diretto in occasione del centenario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale. Del 2017 è il documentario sulla figura del cardinale Carlo Maria Martini “Vedete, sono uno di voi”, per il quale il maestro Olmi ottiene la Menzione d’onore all’edizione 2018 dei ai Nastri d’Argento Documentari.
Che dire… a presto Maestro, ci incontreremo sempre sullo schermo.

*FONTE: Gli italiani – Quotidiano (08.05.2018)