Meno ma Meglio #Ristoranti #Virus #Società

 

Se il virus porterà inevitabilmente una riduzione dei posti in sala, la risposta dovrebbe esser cercata alzando il ‘livello’ della cucina. Il paradigma dovrà essere la qualità, non più la quantità. Vita quindi per i quindici tavoli dello chef e Morte per ALL YOU CAN EAT e il suo buffet.
E ciò, in fin dei conti, non mi sembra poi così male.
Chi vorrà mangiare al ristorante, di conseguenza, lo farà un pò meno, magari, spendendo un pò di più ; ma lo farà meglio. Meno, ma meglio ; che con l’età e forse l’esperienza è una massima che mi trova sempre pienamente d’accordo. E non solo riguardo ai ristoranti.
Invece di uscire per mangiare un hamburger tossico, più schifoso di almeno dieci volte l’hamburger più schifoso che chiunque di noi potrebbe farsi a casa (tornare a vivere quella casa, oramai si spera più non luogo di isolamento, ma nemmeno come il posto dove si dorme quando non si lavora o si consuma), si andrà al ristorante per gustare qualcosa di veramente buono fatto e servito da professionisti della cucina, in un luogo magari unico, perché no. Qualcosa cresciuto, dalla carne alla verdura, in maniera responsabile, dando così un prodotto di qualità e sano, oltre che deliziosamente cucinato. Ed, credo inutile star qui a scrivere tutti i modi in cui ciò influirebbe in positivo anche su tutta la catena funzionale, di cui il ristorante è solo il prodotto finale.
Anzi, facendo adesso questa riflessione, mi viene da pensare che un’altra chiave per il ristorante potrebbe essere l’autosufficienza, cioè produrre esso stesso gli alimenti per il proprio menù. Basando il proprio menù, sui prodotti che si cresceranno. Che poi, saper fare bene un menu in base ai prodotti che ci sono in cucina, credo sia, a mio modesto parere, la chiave di successo di uno chef, e, di conseguenza, del ristorante).
Potendo, il ristoratore, troverà quindi una soluzione intelligente non più nel centro della movida cittadina, ma magari poco fuori la città, dove potrà magari così anche prendere mura (e non pagare affitti impossibili in centro, dove comprare è privilegio di pochissimi oramai), oltre che terreno per crescere animali e verdura e frutta; i clienti andrebbero così apposta, sì, qualche chilometro più in là, ma ne varrà la pena, perché andranno a fare un’esperienza unica, e non a riempirsi la pancia.
E questo, non per forza perché sarebbe un bene per il progresso, la qualità al posto della quantità, ma perché altrimenti, per i prossimi due anni almeno, per un ristoratore sarà molto, ma molto dura sopravvivere.
E, come sopra, anche qui credo sia facile immaginare il beneficio globale che ne deriverebbe : eliminando trasporti, coltivazioni e colture di massa, e strutture e costi, l’inevitabile miglioramento degli alimenti ; e via dicendo…
Su questo ragionerei, se avessi un ristorante. Ma visto che un ristorante non ce l’ho, ma una penna : non posso far altro che scriverlo qui, ché magari possa essere di spunto per qualcuno.

A. *Mailhac 05 2020