Lo scrittore tedesco di origine turche Dogan Akhanli, è stato arrestato in Spagna questo sabato 19 agosto, per ordine del presidente turco Erdogan, dall’Interpol.
Lo scrittore è stato già imprigionato negli anni ’80 per essere une figura di rilievo nella campagna di opposizione, in particolare per aver diretto una rivista classificata di sinistra.
Riuscirà poi a fuggire il suo paese nel 1991, e dal 1995 vive e lavora a Colonia in Germania.
Nonostante ciò, trent’anni dopo quindi, lo scrittore viene ancora perseguitato dal presidente, di cui è nota la poca disponibilità alle critiche, specialmente se effettuate da giornalisti o scrittori, e l’altro giorno viene fatto arrestare in un altro paese europeo, la Spagna, dall’Interpol come un pericoloso assassino.
La motivazione è che l’arresto di Ankhanli, farebbe parte di un operazione atta a smascherare un’organizzazione di detrattori del governo turco viventi all’estero, in Europa.
Tutti i paesi europei possono emettere quella che sia chiama una nota rossa nei confronti di qualcuno tramite l’Interpol, e domandare l’arresto di persone pericolose per il proprio paese in qualsiasi altro paese dell’Europa, ma in questo caso, a poche ora dall’attentato di Barcellona questa decisione del governo spagnolo ha fatto ancor più discutere del normale.
Per la gioia dei complottisti, che con le fondate notizie di un legame tra Ankara e l’Isis più volte provate in passato, hanno polemica facile nel far notare come l’Europa, in Spagna, i cui attentatori pare si siano rifugiati in un ristorante turco durante la fuga (sarà stato un caso) e mentre in Finlandia, a Turku, proprio in quelle ore si hanno notizie di un altro efferato attentato, pensi ad occupare le sue forze di polizia internazionali per arrestare un giornalista, colpevole di aver parlato male in passato del regime di Erdogan.
Non solo per un simbolico gesto a seguito dei morti sulle Ramblas, ma anche per un continuo abuso dei mezzi europei da parte del presidente turco a fini personali, di questo arresto non è stata per niente contenta la cancelleria tedesca Angela Merkel, che si è lamentata della decisione dell’Interpol, esigendo tramite un rappresentante del ministro degli affari esteri della Germania, di essere inclusi nella procedura e sottolineando che nessuna estrazione sarebbe dovuta essere poi autorizzata.
Il giornalista è stato messo in libertà condizionata il giorno dopo, domenica 20.
la cancelliera tedesca si è così felicitata di questa messa in libertà, continuando però ad sottolineare che il presidente Erdogan, stia da tempo abusando della cooperazione internazionale per fini personali e spesso non giustificabili dai criteri e principi comuni all’Europa, e non solo verso cittadini tedeschi : solo ad inizio agosto un altro scrittore turco, Hamza Yalcin, era stato arrestato, sempre in Spagna, per aver « insultato » il presidente Erdogan, sempre tramite mandato internazionale.
Le relazioni tra i due paesi continuano quindi ad essere sempre più tese.
Certo è, e la cancelliera non è la sola a pensarlo, se non a dirlo, che in un momento del genere, in cui l’Europa tutta è sconvolta dagli attentati, comportarsi in questo modo, assecondando gli ordini della Turchia, che in questo momento con il suo presidente Erdogan, oltre ad avere delle posizioni quanto meno ambigue nei rapporti con il mondo arabo e in particolare con i suoi vicini di casa dell’Isis, di certo non ha posizioni liberali condivise dagli altri stati, non mostra certo una presa di posizione, unita e compatta, dei valori occidentali nei confronti degli attentatori, o di chi anche fosse solo sospettato di farci affari insieme.
Che proprio da qui si potrebbe invece partire per cercare di arginare il problema terrorismo, o almeno iniziare a capirci qualcosa di più, non pare a pochi una cattiva idea ; tanto più che, oltre alle notizie provate di traffici di petrolio tra Erdogan e l’Isis, che nella lotta ai curdi è sicuramente un buon alleato per la Turchia, il presidente turco è al potere in modo non certo democratico e con poteri che vanno ben oltre i poteri normali di un presidente europeo, colpevole dell’arresto e omicidio di molti, troppi giornalisti colpevoli solo di fare opposizione.
Ma l’Europa preferisce guardare e puntare il dito in questo momento contro il Venezuela e non curarsi del dittatore, e per altro non certo cristiano, che ha in casa.
O magari contro il pericoloso Assad, la cui caduta sta portando nei paesi coinvolti come guadagno solo un’enorme quantità di immigrati, mentre proprio la Turchia sarebbe il primo Paese a guadagnarne essendone il diretto vicino di confine.
Quindi, mentre ogni stato viene toccato dagli attentati, non solo si continua a rispettare gli ordini internazionali del presidente turco, chiudendo gli occhi sulla sua condotta dittatoriale nei confronti di chiunque gli si opponga, ma si continua a lui pagare ingenti quantità di denaro per frenare l’immigrazione e le azioni dell’Isis da quella parte del mondo, peccato però che proprio la Turchia sembri esserne il primo finanziatore.
Che dire : chi è causa del suo mal..